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ORE PLANGAMO DE LU SINIORE PER I CANTIERI DELL’IMMAGINARIO

Il Teatro Stabile d’Abruzzo e l’Istituto Abruzzese di Storia Musicale presentano per I Cantieri dell’Immaginario, giovedì 11 luglio, alle ore 17.30 e alle 21.30, Chiesa di San Silvestro, L’Aquila, ORE PLANGAMO DE LU SINIORE, una Passione giullaresca aquilana del XIII secolo dal codice di Celestino V, ricostruzione musicale, drammaturgia e direzione Francesco Zimei, mise en éspace Lorenzo d’Amico De Carvalho, scultura scenica Paolo Iacomino, costumi Giovanna Di Matteo, con Lucilla Galeazzi e i Solisti del Micrologus: Lucilla Galeazzi (Maria), Nora Tigges e Marta Ricci (le Pie Donne), Luca Della Casa ed Enea Sorini (narratori), Goffredo Degli Esposti e Gabriele Russo (giullari).

La recente decifrazione della melodia apposta sul brano di planctus volgare che chiude la Passione latina di Montecassino (metà del XII secolo) ha consentito al musicologo Francesco Zimei di recuperare nella sua pienezza espressiva la sacra rappresentazione da cui deriva, pervenuto integralmente con il titolo di «Lamentatio beate Marie de filio» in un codice dell’ultimo quarto del Duecento appartenuto a Pietro del Morrone – poi papa Celestino V – e attualmente conservato nell’Archivio Capitolare dell’Aquila. Così è nata l’idea di allestire, in collaborazione con l’Accademia di Belle Arti dell’Aquila, il centro sperimentale di cinematografia e con il patrocinio della locale Curia Metropolitana, “Ore plangamo de lu Siniore”, una attendibile ricostruizione scenica e sonora del più antico documento di musica e teatro in lingua italiana di cui si abbia conoscenza.

Il testo, un componimento strofico di carattere giullaresco, narra gli episodi che vanno dall’arresto di Cristo alla sua sepoltura ed è ripartito fra il Narratore e la Vergine. L’esiguo ruolo assegnato al Protagonista (un solo verso dalla cattura alla morte, oltre al racconto in prima persona della sua discesa agli inferi) suggerisce che all’epoca – considerando anche il fatto che l’esecuzione era affidata a dei giullari – non si facesse ricorso a un attore in carne e ossa ma a un crocifisso con le braccia snodabili da adattare alle posture richieste dai vari momenti della Settimana Santa, come testimoniato da alcune statue superstiti prodotte in Italia Centrale fra XII e XIV secolo.

Per l’occasione si è utilizzata una scultura scenica con tali caratteristiche, appositamente modellata dal noto scultore Paolo Iacomino su un originale aquilano del periodo. “Ore plangamo de lu Siniore” è, dunque, anche il primo spettacolo in tempi moderni a recuperare l’uso filologico di un crocifisso con braccia snodabili nella sua connessa valenza scenografica.

Analoga coerenza storica è stata applicata ai costumi, tratti dal ciclo di affreschi dell’Abbazia di Bominaco (vicino all’Aquila), commissionati nel 1262 dall’abate Teodino, uno tra i primi ad aver avuto rapporti con Pietro del Morrone e con la sua congregazione – detta poi dei Celestini –, riconosciuta da papa Urbano IV con il nome di Fratelli dello Spirito Santo e aggregata nel giugno 1264 all’ordine benedettino.

L’iconografia ha suggerito inoltre posture e gestualità da far assumere ai personaggi in scena nonché l’uso di alcuni strumenti musicali (tuba, ciaramella, flauto e tamburo) del tutto estranei ai Vangeli ma suggestivamente documentati nelle scene della Via Crucis dipinta nella chiesa di Santo Stefano a Castelnuovo, grangia di Bominaco, per la quale l’anonimo artista locale dovette evidentemente ispirarsi a una sacra rappresentazione cui aveva personalmente assistito.

Lo spettacolo, della durata di circa un’ora, ha una geometria di tipo cruciforme: aperto e concluso da una processione – recante, nella scena finale, il feretro del Cristo morto, con la partecipazione del pubblico –, sfruttando dunque la navata centrale in senso longitudinale, sarà ambientato, secondo il tipico anacronismo medievale, davanti all’altare centrale, avendo come fulcro il Crocifisso e gli altri personaggi disposti ai suoi lati, sempre secondo l’iconografia del periodo.

L’esecuzione è affidata a eccellenti musicisti-attori, esponenti di due precise e complementari esperienze: quella medievistica e quella popolare. La fusione dei due generi, rappresentati rispettivamente dall’Ensemble Micrologus e da Lucilla Galeazzi – entrambi nomi di consolidata notorietà internazionale –, ha portato al concreto recupero di sonorità a gesti di un medioevo molto differente da quello oggi eseguito nelle sale da concerto. Ingresso libero fino ad esaurimento posti.

La locandina