In una Messina immaginata più che descritta, Shakespeare ambienta "Molto rumore per nulla" (Much Ado About Nothing, 1598) commedia composta di due intrecci fra loro legati da una superiore maestria.
Il plot rappresenta infatti lo sviluppo degli amori e degli equivoci di due coppie d’innamorati. Acute schermaglie verbali d’amore dividono Benedetto e Beatrice, che hanno paura del loro sentimento e perciò non vogliono trovare le parole per rivelare la loro reciproca attrazione. Caso unico nel teatro di Shakespeare, la liason di questi due personaggi continua ad appassionare il pubblico di tutti i tempi non perché essi siano giovani, belli ed innamorati dell’amore, ma soltanto perché entrambi attratti dalla loro eccezionale intelligenza e scaltrezza, dalla gara che essi conducono per stabilire chi superi l’altro in arguzia.
Naturalmente, Shakespeare era ben consapevole di non poter intrattenere gli spettatori su una storia così povera di colpi di scena, anche se acutissima nell’analisi dei rapporti fra intelligenza e passione. Ecco allora l’altra vicenda, che attraversa la prima e la sostiene perché piena di sorprese, avventure e tranelli romanzeschi. Claudio ed Ero – loro sì giovani, belli e promessi sposi – arrivano ad odiarsi perché vittime di un’imboscata calunniosa.
Non diversamente da quanto avviene nelle altre due commedie dello stesso genere, "Come vi piace" e "La dodicesima notte", il titolo è quindi solo un pretesto per raccontare il motivo dominante che unisce le due vicende:"…amore che ferisce soltanto a sentir dire…".
L’amore contrastato di Claudio ed Ero ha la sua fonte in una novella (la XXII della Prima Parte, 1544) del Bandello, mentre la "Conversation piece" di Benedetto e Beatrice è una pura invenzione di Shakespeare. Forse proprio per questo la difficoltà di Benedetto e Beatrice di dichiararsi il loro amore è rappresentata dal nostro autore con una raffinatissima capacità d’indagine psicologica. E difatti, generalmente, sia i critici, sia gli attori, hanno privilegiato questa vicenda ed i loro protagonisti. Benedetto e Beatrice si amano, ma passano il tempo a farsi guerra con sciabolate verbali: anche qui, come nella calunnia, sono le parole che ostacolano l’amore.
Ma mentre nella calunnia (il caso di Claudio ed Ero) sono le parole degli altri che possono trasformare l’amore in odio, fra Benedetto e Beatrice le parole – quelle che loro stessi si dicono – rivelano la paura di un coinvolgimento emotivo per una sindrome di narcisismo intellettualistico.
Alla fine della commedia, comunque, il complotto infamante viene svelato, e anche i due innamorati rinunciano a rivaleggiare in intelligenza, cadendo finalmente l’uno nelle braccia dell’altro, cosa che il pubblico attende caldamente fin dall’inizio.
ATAM