Carlo Giuffrè, dopo i grandi successi teatrali degli ultimi anni, riprende questo testo strepitoso che nella stagione teatrale 2002-2003 ha battuto ogni record d’incasso.
Lo ripropone a quattordici anni di distanza dalla prima edizione da lui curata e interpretata, perché, come lui stesso afferma, "è una commedia allegra e divertente, che svolge due temi sociali di grande utilità. La tragedia della miseria e il grottesco della nobiltà".
Una commedia così riuscita perché, come ebbe a dire Federico Fellini che vide lo spettacolo tre volte, ci "sono personaggi che conosci da sempre e quelle storie le hai sentite tantissime volte, ma le vuoi riascoltare ancora per ridere e commuoverti ed applaudire alla fine con convinzione, con gratitudine, nutrendo forse nel profondo la segreta speranza che tutto ciò che di spensierato, buffonesco, patetico, assurdo e umanamente straziante hai visto accadere su quel palcoscenico, spente le luci e uscito dal teatro, tu possa ritrovarlo fuori, nella vita".
Eduardo Scarpetta, come egli stesso ha lasciato scritto nelle sue memorie, quando presentò nel 1888 al Teatro del Fondo "Miseria e Nobiltà" temeva che il pubblico gli facesse cattiva accoglienza. Invece questa commedia sarebbe diventata una delle più celebrate del teatro napoletano, inclusa nel repertorio di generazioni di comici, conosciutissima dal pubblico che rese proverbiali certe sue battute. Forse c’era qualche ragione in quei timori della vigilia. Scarpetta aveva consacrato il suo successo pescando nello sterminato repertorio del teatro "boulevardier" e delle "pochades" francesi; occorreva dunque che egli mostrasse di sapersi cimentare in "regolari commedie" anche per confermare quanto di lui avevano scritto su "La Nazione" di Firenze, e cioè che con Scarpetta "ci poteva essere un teatro vernacolo da stare al pari del migliore teatro italiano: non solo, ma anche del migliore teatro straniero…".
E allora, ecco il colpo magistrale. Il grande teatrante l’8 gennaio 1888 metteva in scena la sua nuova commedia. Nasceva la sua opera più celebre, il suo capolavoro.
ATAM