L'ISOLA DEGLI SCHIAVI IN SCENA A ROMA

Arriva al Piccolo Eliseo di Roma da mercoledì 22 marzo a domenica 9 aprile L’isola degli schiavi di Pierre de Marivaux, una produzione Teatro Stabile d’Abruzzo e KHORA.teatro, nell’adattamento di Ferdinando Ceriani, che ne cura anche la regia, e di Tommaso Mattei. "Un testo classico, di sorprendente attualità per la sua storia, un naufragio, un’isola, servi e padroni messi a confronto, la necessità di favorire un dialogo tra di essi – sottolinea Ferdinando Ceriani – ma è anche un grande gioco teatrale in cui il teatro svela allo spettatore le sue enormi potenzialità espressive e comiche.Sul palcoscenico Stefano Fresi nel ruolo del conte Ificatre, Carlo Ragone in quello del governatore Trivellino, Ippolita Baldini che è la marchesa Eufrosine, mentre dalla parte dei servi ci sono Silvia, interpretata da Carla Ferraro, e Papele cui dà vita Giovanni Anzaldo, che da giovedì 23 marzo sarà anche al cinema in Non è un paese per giovani di Giovanni Veronesi.
L’isola degli schiavi, una commedia scritta nel 1725 per i Comici italiani di Parigi, quasi tre quarti di secolo prima della Rivoluzione francese, non ipotizza drastici rivolgimenti sociali, ne’ l’abolizione dei privilegi, ma una “piccola”, semplice, utopia umana: la possibilità di riabilitarsi.
Quattro dispersi, Ificrate e il suo servo Arlecchino, Eufrosine e la sua serva Cleante, sono gettati da un naufragio su un’isola dove un gruppo di schiavi, governati da Trivellino, ha fondato una singolare repubblica, in cui i servi scambiano il loro posto con quello dei padroni e sono liberi di vendicarsi dei torti subiti mentre i padroni sperimentano quali mali si patiscono in schiavitù.
Trivellino, con inflessibile dolcezza, guida i quattro in una sorta di onirico gioco teatrale fatto di travestimenti, di gags, di buffonerie e di musica, che riecheggia quella commedia dell’arte ormai in piena trasformazione.
Con grande leggerezza e con un linguaggio che si fa naturalmente musica e canto, Marivaux ci descrive l’ingegneria dei sentimenti dei suoi personaggi: non perde un solo passaggio, una sola vibrazione di quanto avviene nell’animo di ciascuno e nel campo magnetico che collega un animo all’altro.
Centocinquanta anni dopo Arthur Rimbaud scriveva che la cosa più importante non è cambiare il mondo, bensì la vita; e ancora oggi, dopo la débâcle delle rivoluzioni storiche, è difficile non chiedersi se il fallimento non sia cominciato dalla convinzione che il cuore sia solo una “sovrastruttura”.
L’Isola degli schiavi è un testo classico di sorprendente attualità e densità per la storia e i temi affrontati ma è anche un grande gioco teatrale in cui il teatro svela allo spettatore le sue enormi potenzialità espressive e comiche.