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Pubblicato il 22 Marzo 2017

LENTA NON È LA LUMACA A LANCIANO

Il Teatro Stabile d’Abruzzo, in collaborazione con il Comune di Lanciano, nell’ambito della rassegna "Crescere a Teatro", presenta LENTA NON È LA LUMACA, testo e regia Ottaviano Taddei. con Cristina Cartone e Stefania Scartozzi, domenica 26 marzo alle ore 17.30 e lunedì 27 marzo alle ore 10.30 presso il Teatro Comunale F Fenaroli di Lanciano.
La nuova produzione del Teatro Stabile d’Abruzzo, in collaborazione con Terrateatro, prevede il coinvolgimento di Stefania Scartozzi, attrice diversamente abile che, in scena, affiancherà l’attrice Cristina Cartone.
"Fin dalla sua nascita,- spiega il regista- Terrateatro ha voluto occuparsi di teatro inteso come strumento di socializzazione e di affermazione delle proprie possibilità. In questo senso, il lavoro che proponiamo mette a frutto una lunga esperienza realizzata per oltre 15 anni all’interno del Centro Diurno della Val Vibrata, dove sono stati realizzati vari spettacoli con l’obiettivo fondamentale di inclusione sociale.
Da molti anni il lavoro di ricerca di alcune compagnie teatrali italiane è fortemente legato anche ad artisti portatori di handicap. Esiste, cioè, un teatro che riconosce il protagonismo di persone consvantaggio, le quali, proprio attraverso l’arte attoriale, possono superare limiti, affermare il proprio Io, incontrare gli altri. Questo può avvenire soprattutto attraverso l’atto creativo e i suoi principi fondamentali. Il Teatro, inteso come una drammaturgia che pone in atto un’azione, ha evidenziato il corpo come strumento primario da cui far partire la ricerca sulle possibilità espressive dell’Attore. E’ dal corpo partiamo per il nostro lavoro di ricerca, in ogni situazione, a maggior ragione con attori che usano il linguaggio non verbale come linguaggio primario.
Questo aspetto favorisce la possibilità di usarlo come mezzo attraverso il quale porre in atto un processo di autodefinizione elevando il corpo a strumento di conoscenza. Questo è il punto di partenza di un processo di ricerca che si spinge ai confini di un nuovo linguaggio espressivo legato ad individui solitamente esclusi dai processi artistici e creativi.
Pensiamo, pertanto, che il teatro con attori portatori di handicap sia una nuova frontiera espressiva, che riesce a darci una precisa visione della contemporaneità.
Parliamo di un Teatro che faccia esprimere la soggettività, quindi non l’identità tra due elementi, ma l’ambiguità, il dubbio, la complessità. Attraverso l’evento teatrale, questo "nuovo attore" non ricerca la falsità delle cose, ma vive la vera vita, quella che si confonde con le strutture e le sovrastrutture, ma che pure esiste e aspetta di essere presa in considerazione.
D’altro canto, in questi anni, alcune idee si sono affermate dentro di noi. Innanzitutto, siamo di fronte ad un fenomeno teatrale, se così possiamo chiamarlo, che va ben al di là della semplice fruizione di piazza: vale a dire che gli spettacoli con attori disabili sono di alta qualità artistica,
rigorosi, emozionanti, con tematiche contemporanee. Parlano, cioè, di temi moderni, vicini al nostro vissuto quotidiano e al vissuto interiore. A quella parte di noi, cioè, che elabora la quotidianità attraverso le emozioni e la propria, intima visione delle cose. Insomma, gli spettatori che possono usufruire di questa esperienza, hanno una grande fortuna: possono ancora, in quel
frangente effimero che è lo spettacolo teatrale, pensare e sognare: niente di più banale? Direi il contrario, se l’approccio è quello di un bambino. Intendiamo dire che lì, in quel momento di quello spettacolo speciale, ci sentiamo autorizzati ad essere emotivamente felici, anche quando prevale in noi ( e può capitare, è un pericolo incombente) un senso di pietà, seppur cristiana, verso chi "sta
peggio"; ebbene, è lì che sentiamo aleggiare un "pieno" che ci riappacifica col mondo. Crediamo che questa magia la si possa vivere soltanto dove c’è autenticità. Ecco ciò che accade: sul palcoscenico, tra quegli attori portatori di handicap psichici o fisici, c’è verità".
SINOSSI
Un prato ricco di "saporite" piante di dente di leone, una vita tranquilla ed abitudinaria. Poi, ecco, all’improvviso, una giovane lumaca che pretende di sconvolgere questo quieto ordine con la sua curiosità e le sue domande insensate: "Perché non abbiamo un nome? Perché siamo lente?". Così la bestiola "ribelle" decide di allontanarsi, per cercare chi potrà offrire una risposta ai suoi
dubbi, suscitando nelle altre rabbia e sarcasmo.
Lungo la strada della sua ricerca, incontrerà animali diversi, tra i quali un gufo un po’ rattristato per
le sorti del bosco e una saggia tartaruga in esilio, come lei lenta. Saranno loro a battezzarla e a dare un senso al suo viaggio.
Nella trasposizione teatrale, la compagnia Terrateatro sceglie di lavorare su due opposti evidenti: due lumache tanto diverse tra loro, l’una con un modo di parlare, di muoversi, di pensare lento, e,
per contro, l’altra veloce, istintiva e abitudinaria al tempo stesso. In uno spazio scenico dove prevalgono colore, forme immaginifiche e oggetti quasi parlanti, i personaggi ci trasportano lungo un percorso di crescita interiore. In fondo, giunge per tutti il momento di diventare grandi e di
allontanarsi da ciò che si conosce e che rassicura. Perchè l’ignoto è conoscenza e consapevolezza, l’ignoto è la via necessaria per conoscere bene il proprio nome.
Lo spettacolo è liberamente ispirato alla favola " Storia di una lumaca che scoprì l’importanza della
lentezza" di Luis Sepúlveda che, ancora una volta, ama trattare temi come l’amicizia tra diversi, l’empatia e il coraggio di andare contro corrente. Per ricordare a tutti che "la diversità è ricchezza e
che va difesa come espressione più gioiosa della vita. La diversità non separa, ma unisce quando si ha la volontà di capirla, fino a diventare il motore di una nuova rinascita".
E ancora… che il tempo è prezioso e non sempre è un bene vivere freneticamente: rischiamo di perdere gli appuntamenti importanti e indispensabili che la vita ci riserva. Meglio essere lenti!racconta la storia di una giovane lumaca che pretende di sconvolgere tutto con la sua curiosità e le sue domande insensate.
"Meglio che te ne vada !" Le suggeriscono , o meglio, le ordinano le altre lumache. Così la bestiola "ribelle" annuncia alle compagne la sua decisione di allontanarsi, suscitando disapprovazione e anche sarcasmo, per cercare chi potrà offrire una risposta alle sue domande: "Perché non abbiamo un nome e perché siamo lente?".
Lungo la strada incontrerà animali diversi, tra i quali un gufo un po’ rattristato e delle sagge tartarughe. Saranno loro a battezzarla e a dare un senso alla sua ricerca.
Questa rappresentazione teatrale è liberamente ispirata alla favola " Storia di una lumaca che scoprì l’importanza della lentezza" di Luis Sepúlveda che sceglie, ancora una volta, questo stile per trasmettere un messaggio di pace, collaborazione, generosità; per trattare temi, come l’amicizia tra diversi, l’empatia e il coraggio di andare contro corrente. Per ricordare a tutti che "…la diversità è ricchezza e che va difesa come espressione più gioiosa della vita. La diversità non separa, ma unisce quando si ha la volontà di capirla".
Ma soprattutto che il tempo è prezioso e non sempre è un bene vivere freneticamente: rischiamo di perdere gli appuntamenti importanti che la vita ci riserva. Meglio essere lenti.
Biglietto di ingresso domenicale euro 5.00 mentre lunedì mattina per le scuole euro 4.00. Per ulteriori informazioni: 3287178380