LA FIGLIA DI IORIO AD ALBA FUCENS

Debutta ad ALBA FUCENS, Avezzano, mercoledi 11 agosto ore 21,30 nell’ambito del Festival nelle aree storiche archeologiche organizzato dall’ATAM, "La figlia di Iorio"di Gabriele D’Annunzio, riscritta da Claudio Di Scanno.
Lo spettacolo è una coproduzione Teatro Stabile d’Abruzzo e Drammateatro nell’ambito del "Progetto Abruzzo" che vede il TSA incubatore e partner delle realtà più prestigiose e dinamiche del panorama teatrale abruzzese.
In scena Susanna Costaglione, Federica Di Martino, Raffaello Lombardi, Serena Mattace Raso, Paola Cerimele, Marina Di Virgilio, Michele Di Conso, Anna Pieramico, Valentina Caiano e Gianluca Marcellusi.
"Protagonista ed eroina del testo è una donna -ci racconta il regista Claudio Di Scanno- in qualche modo un mito modernizzato, evoluto, che si pone come base del contrasto femminile/maschile, a generare il vero nucleo energetico della drammaturgia (come drama ergos).
In questa mia "ri-scrittura" del testo di D’Annunzio ho voluto immettere un personaggio immaginario, La Sconosciuta, una Eleonora Duse privata della "sua" Mila di Codra e che qui vive il dramma dannunziano nella sua mente, proiezione di un desiderio al cospetto del Doppio (la vera Mila della realtà scenica) con il quale condivide l’oscurità del sacrificio.
I personaggi, i loro stessi nomi ci proiettano fin da subito in una dimensione arcaica, che però non riconduce ad una dimensione storica, bensì ad una sorta di ambito favolistico, o meglio fabulistico, vale a dire magico, senza tempo, finanche allegorico, finanche grottesco. Una eterna sostanza umana dove ci è consentito di rintracciare una fissità dei personaggi, una loro immutabilità, personalità prive di sviluppo che disegnano tipi, tipi di una tragedia dell’arte, tutti con una loro psicologia rudimentale, espressivi di caratteri e moti dell’animo umano. A dominare l’accadimento un forte senso di fatalità. Non un Dio a sovrastare il destino degli uomini ma il Fato, tutto ciò che sta fuori del Tempo, ciò che è sempre stato e che si ripete fatalmente appunto. A dominare una cornice del senso di tragedia che pervade la scena, in cui il divino e l’umano si incontrano nel rito, sintesi di Cielo e Terra, generando una densa, cruenta, estenuante fabula drammatica, una battaglia dell’anima, una battaglia nell’anima. Una Psicomachia! Una Fabula psicomachica, sullo sfondo di una religiosità arcaica ed essenziale, tra valori e simboli tradizionali, come la Casa, la Festa, la Montagna e la Grotta,… Elemento perturbante, l’amore tra i due giovani, Aligi e Mila, mina l’unità della comunità, una comunità arcaica dove non contano le singole individualità ma i legami di sangue e la loro conservazione. Di conseguenza le gerarchie e i codici di comportamento che difendono il gruppo e la comunità dalla trasgressione dei "ribelli", da chi intende affermare la propria autonomia individuale, la propria diversità. Da qui l’espulsione dal corpo sociale giacchè il "diverso", il ribelle, può agire come un virus capace di aggredire e disgregare, infettare i legami di sangue e quindi la loro conservazione. Così, a tutela del corpo sociale, della sua conservazione-coesione, va a collocarsi il "rito cruento", il sacrificio della vittima designata, il sacrificio del "diverso", perché il sacrificio ricompatta il corpo sociale, evitandone la disgregazione.
Le trasformazioni della scena vengono sancite dalla progressiva scoperta dei luoghi dove si consumano gli accadimenti (dal cortile erboso di una casa alla grotta in montagna di nuovo alla casa), e quindi alla successione cromatica degli stessi abiti di scena che vanno dal bianco della festa al grigio delle nuvole minacciose che oscurano il cielo e quindi al nero del sacrificio e del lutto. Ed è il passaggio dalla festa al sacrificio e alla morte che qui si definisce l’idea di questa Figlia di Iorio , e cioè di uno spettacolo che è anche una riflessione sulla tradizione immutabile e, per contrasto, l’urgenza di rinnovamento che le nuove generazioni sempre e comunque ci propongono. E che spesso vivono come una istanza tragica e di profonda conflittualità. Come un doloroso naufragio dell’anima.
Sinopsi
Nella casa di Lazaro di Roio e della moglie Candia della Leonessa si attende la preparazione della festa di nozze del figlio Aligi, pastore, con la giovane Vienda di Giave. Le tre sorelle di Aligi, Splendore, Favetta e Ornella, lavorano agli arredi e alle vesti per il matrimonio, mentre la madre benedice gli sposi, riceve ed accoglie i parenti che giungono con i doni nuziali. Questo quadro di serenità agreste, anche se vanto da piccoli infausti indizi (come il pane spezzato che cade a terra, segno di imminenti disgrazie nella credenza popolare abruzzese), è inaspettatamente turbato dall’ingresso di una giovane sconosciuta che cerca scampo e riparo da un gruppo di pastori ubriachi che intendono abusarne. La giovane donna è Mila di Codra, figlia del mago Iorio, "putta di fienile e di stabbio" e anch’essa sospettata di stregoneria. I mietitori ubriachi reclamano a gran voce la giovane donna, mentre Aligi, dapprima pronto a scacciarla, la trattiene presso di sé credendo di aver visto piangere l’angelo scolpito nel camino, e accende un cero sulla soglia della porta a segnare il divieto di violare quella casa. A quel punto appare Lazaro di Roio, il padre di Aligi, reduce insanguinato dalla rissa per il possesso di Mila. E mentre quest’ultima fugge inosservata, Aligi va a rifugiarsi in montagna. In seguito, Aligi pur avendo già celebrato il matrimonio con Vienda, senza che questo sia stato consumato, accoglie Mila nella grotta sulla montagna e divide con lei il suo alloggio in una comunione puramente spirituale. Oramai innamorato di Mila, Aligi manifesta la volontà di recarsi a Roma per chiedere al Papa lo scioglimento del vincolo matrimoniale. Mentre Aligi si allontana, la lampada accesa nella grotta davanti ad una Madonna scolpita dallo stesso Aligi sembra spegnersi per mancanza di olio. Poiché ciò sarebbe infausto e profanatorio, Mila corre disperata fuori dalla grotta per chiedere dell’olio ad una passante, che si rivela essere Ornella, la sorella di Aligi. Quest’ultima chiede a Mila di lasciare il fratello e di andare via. Uscita Ornella e rientrato Aligi, sopraggiunge il padre, Lazaro di Roio, il quale fa legare e portare via da alcuni uomini il figlio per tentare di usare violenza su Mila. Aligi, slegato e liberato dalla stessa Ornella, interviene a difendere Mila uccidendo il padre con un colpo d’ascia. Per questo, secondo le regole della comunità pastorale, è condannato a morte atroce che spetta ai parricidi: dapprima gli verrà tagliata la mano colpevole, poi verrà messo in un sacco con un mastino, infine gettato nel fiume. Prima però l’omicida dovrà essere condotto a casa per ricevere il perdono della madre. A questo punto interviene Mila la quale, dichiarando di avere ammaliato con una stregoneria il povero Aligi, lo discolpa e lo libera dall’atroce punizione. Così, toccherà a Mila essere condotta al rogo per stregoneria, e mentre Ornella, che sa dell’innocenza di Mila, le grida "Mila, Mila sorella in Gesù, io ti bacio i tuoi piedi che vanno! Il Paradiso è per te", la figlia di Iorio si immola per Aligi, andando incontro alle fiamme nella speranza di una finale purificazione, gridando "la fiamma è bella! La fiamma è bella!".
Per informazioni TSA 0862 62946
FOTO DI SCENA DI SILVIA MAZZOTTA
Prossime date
12 agosto ore 21,30, Cortile Palazzo D’Avalos, Vasto (Chieti)
ATAM – FESTIVAL NELLE AREE STORICO ARCHEOLOGICHE
13 agosto ore 21.30 Termoli
ATAM – FESTIVAL NELLE AREE STORICO ARCHEOLOGICHE
20 agosto ore 21.30 Giulianova
22 agosto ore 21.30 Nocciano
23 agosto ore 21.30 Ortona
24 agosto ore 21.30 Fontecchio
25 agosto ore 21.30 Lanciano
26 agosto ore 21.30 Penne
27 agosto ore 21.30 Penne