Il Ritratto è uno di quei romanzi che quando leggi da ragazzo ti impressionano di più, fai fatica a dimenticarlo, i dubbi, le domande che ti propone, la storia dei suoi personaggi e la progressione dei suoi avvenimenti ti segnano per sempre. Già 30 e più anni fa ne avevo subito l’irresistibile fascino e ne avevo realizzato una trasposizione teatrale rimasta inedita per la scena. Così erano rimasti inediti gli scritti in prosa di Masaniello e Viva Diego fin quando non mi prese questa passione per la scrittura in musical. Il mio Dorian riscritto per la scena mi è sembrato immediatamente adatto al percorso musicale intrapreso alcuni anni fa e che ha assicurato il successo ai miei tre musical precedenti ( Masaniello, Viva Diego e I Promessi Sposi) . Certo avrei perduto il fraseggiare paradossale e algebrico di Wilde, faticosamente riportato nella versione in prosa, sarebbe stato difficile o impossibile inseguire il vezzo dell’aforisma del paradosso linguistico e della frase ad effetto, ma il racconto mi ispirava atmosfere musicali di spessore gotico e la narrazione pensavo ne avrebbe guadagnato sottratta al giocoso effluvio verbale di Wilde. Molti accadimenti sottintesi son così venuti alla luce nel libretto, molti altri sono stati inventati, favoriti da una musica che ne pretendeva l’accadimento, molti personaggi appena descritti sono stati immaginati come principali e così la storia si è popolata di figure tragiche di una Londra vissuta tra club e saloni dell’alta aristocrazia e una Soho di bettole luride, di porti e angiporti dove il vizio e la corruzione dei corpi fanno da sponda e da contrappunto al progetto di corruttela delle anime . Dorian e solo lui costituisce il punto di incontro tra le due città, due strade, due mondi. Da una parte l’estetismo decadente delle classi dominanti tutte protese verso un ideale di bellezza inutilmente eterna. dall’altra il realismo delle classi sottoposte alle prese soltanto con la bruttezza di un’esistenza non tollerabile.
Tato Russo