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GRAND GUIGNOL ALL’ITALIANA

GRAND GUIGNOL
ALL’ITALIANA

una produzione del TSA

di Vittorio Franceschi
con Lunetta Savino, Umberto Bortolani, Carmen Giardina, Sebastian Gimelli Morosini, Andrea Lupo

e con la Voce di Paolo Bonolis
regia Alessandro D’Alatri
scene Matteo Soltanto 
costumi Giuseppina Maurizi 
musiche originali Riccardo Eberspacher 
disegno Luci Pietro Sperduti 
aiuto Regia Lorenzo D’amico 
illustrazioni Marta Ciambotti 

foto di Scena Paolo Porto

“Dice che hanno solo un dubbio:
chiede se parallelepipedo ha due elle tutte e due le volte.”
Uno spettacolo a tinte forti, anzi fortissime…

GRAND GUIGNOL ALL’ITALIANA,
le note dell’autore e del regista:
-Il “Grand Guignol”, nato in Francia alla fine dell’800, si caratterizza come teatro a tinte forti, anzi fortissime, farsesco e macabro, dove scorrono in abbondanza – insieme al sangue e in barba al “bon ton” – grossolanità, violenza, cinismo, storie da cronaca nera con squartamenti e lacrime, truci vendette, eros e bordello, in uno srotolarsi dinamico di intrecci da drammone popolare, senza lieto fine. Tutto ciò con effetti, a volte, di involontaria e grottesca comicità. L’aggettivo “granguignolesco” che tutti conosciamo e adoperiamo, affonda le proprie radici in quella paccottiglia lì.
In un giorno di fine estate dell’anno 2000, mentre cavalcavo verso Damasco, mi si accese una lampadina, come nei fumetti. E di colpo questo genere di teatro, a lungo snobbato e irriso, mi apparve nella sua essenza profetica, cioè ideale per raccontare il nostro Paese, le cui vicende e il cui tasso di cultura e di valori etici già allora, e da tempo, stavano procedendo con orgogliosa sicurezza verso lo zero di oggi. Scesi dal mio ronzino e mi misi all’opera. Quindici anni dopo, cioè oggi, probabilmente avrei scritto una tragedia. Ma allora ero meno ambizioso.
Naturalmente, poiché italiani si nasce (in un primo momento questo testo avevo pensato di intitolarlo proprio così), lavorandoci su mi spostai un pochino verso sponde più nostrane, come la farsa e la sceneggiata, risciacquando rispettosamente i panni nella mentalità piccolo borghese che da sempre ci caratterizza e fa di noi un modello nel mondo, artisti, stilisti e ferraristi a parte.
Qualche patriota verace protesterà dicendo che ho dimenticato la pizza. E’ vero, me ne scuso e riparo subito. Artisti, stilisti, ferraristi e pizzaioli a parte.
La satira, come sappiamo, si pone l’obbiettivo morale di mettere a nudo le storture del mondo, ma, “en passant”, anche di divertire. Gli eroi del mio Grand Guignol sono una innocente colf depressa, un salumiere di successo, una guida turistica ignorante con una moglie fedigrafa e isterica e un postino sensibilmente gay. La storia non è importante: corna, liti, strafalcioni, soldi… come nelle migliori famiglie, con immancabile “coup de théâtre” finale. C’è anche un cane, che abbaia spesso però non entra mai in scena e quindi sarebbe elegante, pur nel clima consenziente della pièce, evitare battute facili.
Come dicevo, l’ho scritto quindici anni fa. Da allora ha dormito tranquillamente nel mio cassetto strapieno, finché Alessandro D’Alatri non l’ha tirato fuori per fargli prendere una boccata d’aria. Ma non ho cambiato una sola virgola. Ahimè, non ce n’era bisogno. E questo non depone a favore della nostra Patria, dove possono passare tre lustri pieni zeppi di scandali d’ogni genere, ruberie e malefatte colossali, oserei dire granguignolesche, senza che, per l’appunto, cambi una sola virgola.
Vittorio Franceschi

-Tra i miei passatempi preferiti c’è quello di frugare nei cassetti strapieni di Vittorio Franceschi. Riesce ogni volta a sorprendermi per la quantità e la qualità di progetti che ivi sonnecchiano. Ma la sorpresa più grande è che molti di loro sono ancora inediti o lo sono solamente per l’Italia. E’ così che qualche tempo fa mi ritrovai tra le mani “Grand Guignol all’italiana”. Un gioiello.
Chi conosce la drammaturgia di Franceschi sa bene quanto l’ironia sia un elemento costante del suo sguardo sulla vita. In questo caso direi che si è divertito a trasformarla in satira e la fa aleggiare nei due atti come un’aria entrata da uno spiffero che lentamente si trasforma in un vortice finale.
Già dalla sua prima lettura il testo non lascia alcun dubbio alle interpretazioni: i personaggi, i loro comportamenti e linguaggi, il mondo che rappresentano e che portano sulla scena sono talmente chiari e divertenti che ci si ritrova, pagina dopo pagina con il sorriso stampato sul volto.
Ma al tempo stesso, proprio come in un Grand Guignol, il testo è una feroce condanna dell’egoismo e del perbenismo. Vittorio direi che ha preso in prestito il Grand Guignol e lo ha rivestito con i sapori della tradizione teatrale italiana. Dalla commedia dell’arte in poi.
Qualcuno una volta mi disse che quando c’è un titolo chiaro e un buon cast il lavoro è già fatto per metà. Cominciai a riflettere sul cast. Una riflessione durata poco. Il personaggio di Esterina, la protagonista cui ruotano intorno gli altri quattro personaggi, mi apparve subito con una fisionomia chiara, quella di una straordinaria attrice con cui da tempo sognavo poter lavorare: Lunetta Savino. E’ con lei che voglio costruire la delicata ironia e il feroce candore del suo personaggio. Non vedo l’ora di cominciare a divertirmi per far divertire tutti voi. –
Alessandro D’Alatri


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