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FALSTAFF E IL SUO SERVO IN SCENA AL PICCOLO TEATRO DI MILANO

Ancora un riconoscimento per il lavoro svolto in questi ultimi anni dal Teatro Stabile d’Abruzzo: debutta domani martedì 19 novembre, alle 19.30, nel prestigioso Piccolo Teatro di Milano, Teatro d’Europa, “Falstaff e il suo Servo” testo di Nicola Fano e Antonio Calenda, liberamente tratto da William Shakespeare, con la regia di Antonio Calenda e che vede in scena Franco Branciaroli, Massimo De Francovich, Valentina Violo, Valentina D’Andrea, Alessio Esposito, Matteo Baronchelli, le scene e i costumi sono di Laura Giannisi, le musiche di Germano Mazzocchetti, le luci di Cesare Agoni, e i movimenti scenici di Jacqueline Bulness.

Nel Piccolo Teatro di Milano, fondato da 1947 da Giorgio Strehler, Paolo Grassi e Nina Vinchi, lo spettacolo prodotto dal Teatro Stabile d’Abruzzo, dal Centro Teatrale Bresciano e dal Teatro de Gli Incamminati, porterà in scena, per ben diciotto giorni, dal 19 novembre al 6 dicembre 2019, gli ultimi giorni di vita di Falstaff ed evocherà tutte le sue avventure: un teatro nel teatro nel quale il Servo assume il ruolo di regista demiurgo e Falstaff quello di eroe tragicomico.

“Falstaff – spiegano Nicola Fano e Antonio Calenda – è un personaggio unico nel canone shakespeariano: è un uomo disperatamente innamorato della quantità della vita. Il mondo e il teatro di Shakespeare sono pieni di geniali ragionatori (foss’anche amanti profittatori o torbidi politici o paladini incerti della solitudine) o di virtuosi pensatori (e soprattutto virtuose pensatrici): Falstaff no. Falstaff non è nulla di tutto questo: è un uomo che antepone la vita da vivere a qualunque ragione; e tutto in lui diventa funzionale alla prossima avventura.

Che è come dire la prossima vita. In lui, infatti, Shakespeare ha messo il germe di quegli uomini che non si fermano mai a pensare e che mentre – poniamo corteggiano una donna, già pensano al bottino di carni o di denari da sgraffignare domani. Un personaggio unico, dunque. E attualissimo: come non pensare, seguendo le sue smanie, alla frenesia dell’uomo iperconnesso che vive contemporaneamente mille vite (vere o virtuali) pur di dimostrare a se stesso che esiste?

Ecco, così noi abbiamo immaginato Falstaff: come l’antieroe di tutti i più grandi personaggi di Shakespeare. Se la modernità di Shakespeare è nella rappresentazione

del dubbio, dell’imperfezione consapevole dell’individuo (quella di cui Amleto e Iago

forniscono due filosofie gemelle ancorché opposte), la sua postmodernità è nel grassone che twitta per essere. Da qui a cedere alla tentazione di mettere questi due

antagonisti shakespeariani a confronto, il passo è stato breve. E così è nato un copione che collaziona battute (e concezioni di vita) provenienti da molti angoli del canone shakespeariano dentro a una trama tratta dai quattro testi che, direttamente o meno, Shakespeare dedicò alla sua creazione più atipica. Ossia le due parti di Enrico IV, poi Enrico V e naturalmente Le allegre comari di Windsor.

Ma perché – direte voi – confezionare un copione con battute raccolte qui e là dal Canone e non mettere in scena direttamente l’originale? La risposta è semplice e insegue un’ipotesi critica (perché questo spettacolo è innanzitutto un divertimento intorno a Shakespeare): solo mettendo a confronto Iago e Falsfatt, Amleto e Falstaff, Jacques e Falstaff si può arrivare, oggi, a cogliere la contemporaneità di quella maschera di pancione che si occupa solamente di riempire il mondo di se stesso”.