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Elena e Paride – Apologia di Socrate
Regia di Salvatore Cardone
Con Giuseppe Bisogno,
Beatrice Ciampaglia,
Domenico Galasso,
Julia Hillebrand,
Valeria Mafera,
Sebastiano Nardone.

ELENA E PARIDE
di Publio Ovidio Nasone
Ovidio sovverte in un contesto di poesia amorosa una materia epica, con evidente effetto di spiazzamento e "imborghesimento" dei personaggi. La forma epistolare pone lo scrivente come proteso verso un uditorio di posteri. Ne deriva un doppio registro proprio dell’elegia amorosa, ma anche rispondente della organizzazione retorica del discorso. L’adattamento, costruito su un falso dialogo, crea un gioco di montaggio incrociato tra le due lettere (quella che Paride, ospite di Menelao, scrive a Elena e l’altra di quest’ultima in risposta), calandole in un quadro di continui riferimenti ironici alle conseguenze a noi note della guerra di Troia. La messa in scena valorizza la coralità del gioco
testuale e le diverse possibilità d’essere dei due personaggi, con accenni ironici al contesto "sentimentale" presupposto nel testo di Ovidio.

APOLOGIA DI SOCRATE da Platone
A fondamento della civiltà occidentale, Apologia di Socrate trasmette, nel momento in cui nasce la democrazia ateniese, archetipo di ogni futura convivenza civile, l’idea di una ragione superiore che trascende e risolve ogni divisione di parte. Quando Socrate esprime il convincimento, certo ormai della condanna a morte, che la sua pedagogia sia al servizio del dio, e quindi del bene dell’anima di ciascuno, e quindi del bene della comunità intera, costruisce un sentimento nuovo e rivoluzionario, come una specie di civico amore per i suoi avversar! politici che rispetta e stima in quanto ateniesi: è uno dei punti più alti del pensiero fìlosofìco e politico della storia dell’Occidente ed è inutile sottolineare come più che mai quelle parole parlino al nostro presente. La storia della condanna di Socrate è da sempre nella tradizione del teatro "mattatoriale" otto-novecentesco, per la vibrazione morale delle parole che Platone attribuisce al grande personaggio, per la formidabile costruzione oratoria, per la ricchezza espressiva di un eloquio che passa dall’ironia più divertita alla comunicativa più commossa. Questa versione non mette in scena Socrate ma un gruppo di attori che ne maneggiano le parole con la sorpresa di chi le sente incredibilmente vicine a noi.