di Bertolt Brecht
drammaturgia e regia
CLAUDIO DI SCANNO
con
SUSANNA COSTAGLIONE, MARCO SPIGA, CLAUDIO MARCHIONE, ROBERTA CARONIA, ARMANDO DE CECCON,MARCO LORENZI,VALENTINA ROSARONI, ANTONIA RENZELLA, ANTONELLA CIACCIA, MARCO DI BLASIO
musiche originali
SERGIO RENDINE
allestimento scenografico e decorazione
FRANCO TROIANI
costumi e accessori di scena
NADIA DI BERNARDO
disegno luci
CORRADO REA
I greci ci hanno insegnato la disobbedienza civile e la disobbedienza è un vettore che individua la mobilità della coscienza, la sua vivacità dentro lo spirito del tempo.
Prometeo ed Antigone ne sono efficacissimi esempi. Prometeo ha rubato il fuoco agli dèi per donarlo agli uomini, ai mortali, intendendo così favorire la loro emancipazione (attraverso la tecnica che il fuoco rappresenta) dal potere di vita e di morte che attiene il divino. Antigone è una ragazza che vuole seppellire il corpo del fratello Polinice e così disobbedisce all’editto di Creonte, il re tiranno che ne aveva decretato la non sepoltura, l’umiliazione del corpo, l’offesa dello scempio.Prometeo il semidio si ribella al rigido ordine del divino, Antigone figlia di Edipo a quello dello Stato nelle mani di un tiranno. Consegnate alla cultura e alla storia, queste due figure del mito custodiscono gelosamente, rivelandolo attraverso il gesto esemplare della rivolta sepolta viva, quel senso del perturbante che sempre si sprigiona da un gesto totale e in quanto tale inquietante. Un gesto per di più inutile, e per questo paradossalmente efficace. Entrambi soccombono infatti a poteri molto più forti della loro necessità ma il senso profondo della giustezza del gesto fa si che questo si trasformi immediatamente in atto totale ed esemplare, e come tale consegnato all’orizzonte della possibilità.
L’Antigone di Bertolt Brecht risale agli ultimi mesi del 1947, la scena si apre sulla scalinata di marmo della reggia di Creonte a Tebe, e Creonte è un dittatore senza scrupoli che intraprende per sete di dominio e di potere una guerra contro Argo, con l’intento di impadronirsi delle sue miniere di bronzo.Per questa guerra scellerata egli mette a rischio Tebe, la città tutta e la sua gioventù, compresi i suoi figli e i nipoti Eteocle e Polinice, figli di Edipo come Antigone e la sorella Ismene.
E’ la tragica sequenza della follia sterminatrice di gioventù e futuro: uno spettacolo sullo sterminio delle giovani generazioni…Testimone di questa tragica realtà è il Vecchio Sarto di Tebe, un personaggio che scaturisce direttamente dalla funzione Coro e che vedremo oscillare tra la memoria lontana che riconduce al Mito, anche oasi del giudizio consolatorio, e la memoria di un presente impregnato di sangue. Confeziona abiti per i giovani soldati inviati in guerra. Vestirà una generazione cui un malsano Stato di diritto avrà tolto il diritto all’esistenza.
Claudio Di Scanno